Mina & Riccardo Cocciante
Questione di feeling
Mina & Riccardo Cocciante
Fonte: nonsolosuoni.it
Riccardo Cocciante
Compositore
e interprete, Riccardo Cocciante nasce a Saigon (Vietnam) il
20 febbraio 1946, da padre italiano e madre francese. All'età di
tredici anni torna in Italia e giovanissimo inizia a scrivere musica,
mentre lavora in un albergo di Roma.
Il
primo album, Mu, pubblicato dalla RCA nel 1972, è un opera rock
religiosa che precede di un anno l'uscita dell'LP intitolato Poesia
(1973), contenente l'omonimo brano. L'album successivo, Anima, esce
nel 1974 e contiene brani che nel tempo sono diventati dei
classici della musica leggera italiana: Bella senz'anima, Quando finisce un
amore.
Riccardo
Cocciante firma solo raramente i testi delle sue canzoni, e in
questa prima fase della sua carriera, per lo più li scrive con
l'autore Paolo Amerigo Cassella e il cantautore e
produttore Marco
Luberti, le melodie invece sono realizzate interamente da lui e in
esse si percepisce l'influenza delle sue origini italo-francesi. La
vocalità di Cocciante ha un'ampia tessitura verso le zone medio-alte
del pentagramma, il timbro è roco e l'interpretazione
quasi sempre
sopra le righe, segnata da una rabbiosa disperazione.
In
questo periodo, la produzione dell'artista trova terreno favorevole
anche in Francia e in America Latina dove si esibisce, mentre in
Italia nel 1975 propone l'album intitolato L'alba, che passa quasi
inosservato.
Nel
1976 Riccardo pubblica il 33 giri, Concerto per Margherita, che
contiene la famosissima canzone intitolata Margherita (di
Luberti-Cocciante), e proprio con questo brano l'artista si impone
definitivamente al grande pubblico, anche per la notevole performance
vocale, che
dalle note più basse della sua personale tessitura porta
in costante crescendo al limite della cantabilità; una costruzione
compositiva questa, che Cocciante utilizzerà spesso.
Gli
album che seguono, Riccardo Cocciante pubblicato nel 1977 e
...E io canto uscito nel
1979 – che contiene l'hit, Io canto –
non presentano grandi novità rispetto ai lavori precedenti, ma
Cocciante è già un autore corteggiato da vocalist raffinate come
Mina e Mia Martini, che nel 1977 incidono contemporaneamente la sua
Da capo.
Nel
1980 pubblica l'album Cervo a primavera, con l'apporto di Mogol come
autore dei testi, la canzone omonima rappresenta un “cult” della
nostra musica leggera; da segnalare all'interno di questo LP, anche
il brano Tu sei il mio amico carissimo.
D'ora
in poi, Cocciante cambia anche il modo di porsi nei suoi concerti,
infatti egli, di bassa statura e spesso chino sul pianoforte, appare
ora meno introverso, spingendosi al centro del palco e lasciandosi
accompagnare dai suoi musicisti, attenendosi al modello dello
chansonnier.
Nel
1982 incide un 33 giri di grande successo, Cocciante, ancora oggi
ristampato su CD, contenente otto canzoni con i testi – poesia del
quotidiano un po' minimalista – del maestro-paroliere Mogol; i
maggiori successi contenuti in questo album sono: Celeste nostalgia,
Un
nuovo amico, Un buco nel cuore e In bicicletta. In
seguito lascia la RCA per la multinazionale inglese Virgin e nel 1983
pubblica Sincerità, registrato a Los Angeles con la band dei Toto,
nota per il suo pop-rock sinfonico, e arrangiato da James Newton
Howard.
Nello stesso anno Cocciante sposa la francese Catherine
Boutet, ex funzionaria di una casa discografica parigina, che lo
seguirà costantemente per tutta la sua carriera e da cui anni dopo
avrà un figlio.
Nel
1985 ritorna sul mercato discografico con Il mare dei papaveri,
un'altra produzione internazionale curata questa volta da Paul
Buckmaster; un album poetico e classicheggiante in cui primeggia la
canzone intitolata Questione di feeling, eseguita in duetto
con Mina.
Nel
1986 Cocciante comincia una lunga tournée da cui nasce la raccolta
live Quando si vuole bene, seguita nel 1987 da La grande avventura,
album realizzato a Londra con la collaborazione dell'arrangiatore
Geoff Westley, dove abbondano strumenti elettronici ed
effetti
computerizzati; i testi sono firmati da Mogol, Enrico Ruggeri e Lucio
Dalla. Dal successivo tour viene registrato Viva! Cocciante che però
non ottiene la stessa fortuna del precedente live.
Il
cantante si ritira con la moglie negli Stati Uniti; torna sulle scene
musicali nel 1991, partecipando per la prima ed unica volta al
Festival di Sanremo, dove si piazza al primo posto con il bellissimo
brano intitolato Se stiamo insieme – suggestivo, appassionante e
pieno di pathos – scritto con Mogol. L'album che segue la kermesse
sanremese, Cocciante (1991), contiene, oltre al pezzo vincente, il
duetto con Paola Turci E mi arriva il mare.
La
maturazione definitiva si ha nel 1993 con Eventi e mutamenti, dove la
melodia si fonde
con ritmiche rock e i testi allegorici del
cantautore Massimo Bizzarri e del poeta Gaio Chiocchio danno al
lavoro un'inedita vena “sociale”. Anche gli album pubblicati in
Francia riscuotono maggior interesse, da Empreinte, contemporaneo a
Eventi e mutamenti, a
L'instant present (1995), ottimamente accolto
dalla critica francese. In Italia fatta eccezione per le raccolte
Ancora insieme (1992), pubblicata dalla BMG Ricordi, e Il mio nome è
Riccardo (1994), uscita per la Virgin, il successivo album di inediti
è Un uomo felice,
pubblicato nel 1994, dove spicca il duetto con
Mina nel brano intitolato Amore, il quale diventa ben presto un
grande hit radiofonico.
Nel
1995 esegue una Ave Maria in Vaticano, con l'orchestra e il coro di
Santa Cecilia e nello stesso anno compone per la Walt Disney la
colonna sonora del film di animazione Toy Story, interpretandone la
versione italiana insieme a Fabrizio Frizzi. Successivamente, nel
1997, pubblica l'album Innamorato, che rappresenta un tributo molto
melodico all'amore in tutte le sue forme, con testi di Luc Plamondon,
Massimo Bizzarri e Mogol; gli estratti che hanno riscosso maggior
successo radiofonico sono: Ti amo ancora di più e Ti scorderò, ti
scorderò. L'anno dopo Cocciante registra dal vivo al Propaganda di
Milano il doppio CD Istantanea (1998), una trentina di brani che
ripercorrono la sua carriera, oltre a un video girato nell'occasione.
Sempre
nel 1998, Cocciante realizza il suo sogno: un'opera musicale
interamente cantata, composta su testi di Luc Plamondon e basata sul
romanzo Notre Dame de Paris di Victor Hugo, che registra il tutto
esaurito sin dal debutto al Palais des Congrés di Parigi, il 16
settembre 1998. Nel 1999 Riccardo Cocciante riceve dal
Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro il titolo di Grande
Ufficiale e nello stesso anno, a Monaco, consegue il World Music
Award per le vendite dei CD tratti da Notre Dame de Paris – oltre
10 milioni di
copie – mentre Belle, l'aria principale del musical,
rimane a lungo nelle classifiche dei paesi francofoni. In Italia
Notre Dame de Paris viene proposto per la prima volta in versione
francese nel marzo del 2001 al Forum di Assago, alle porte di Milano;
mentre adattato in
italiano da Pasquale Panella, va in scena a Roma
nel marzo del 2002, dopo essere stato replicato in Europa, in Canada
e negli Stati Uniti.
Musicista
intelligente e di grande respiro, Riccardo Cocciante ha forse
ritrovato nell'opera moderna quella dimensione compositiva che la
struttura della canzone popolare non può soddisfare, anche se come
interprete delle sue canzoni di musica leggera possiede
un'originalità e una tessitura sul pentagramma che pochi suoi
colleghi possono vantare.
Mina
• (Anna
Maria Mazzini) Busto Arsizio (Varese) 25 marzo 1940. Cantante. «Siamo
delle povere cose esposte al vento della stronzaggine».
• Vita
«Cinquant’anni spaccati fa, una lungagnona col vestito da cocktail
sottratto di nascosto alla madre, saliva sul palco traballante di una
balera lombarda. Si ricorda che l’abito era blu e bianco.
Lucido.
Si ricorda che dopo aver cantato la prima canzone, il titolo? no, è
troppo, si arrabbiò perché la gente applaudiva. “Io canto per me.
Cosa c’entrano loro?”. Non aveva le idee chiare.
O forse era
troppo lucida. Si ricorda che alla fine di quella primissima
esperienza scappò via perché i genitori non sapevano... non
volevano. A diciott’anni era d’obbligo ubbidire. Ma non l’aveva
fatto.
E doveva correre a rimettere l’abito a posto il più in
fretta possibile. Si ricorda che poco dopo, dietro le sue insistenze,
il padre aveva convinto la madre a lasciarla fare: “Tanto, cosa
vuoi, durerà qualche settimana questa follia. Lasciamola fare”.
La
lungagnona, invece, è ancora qui che rompe le scatole con quel
piccolo meccanismo misterioso che sono le canzoni. Che lei ama e
rispetta. E... e... e la lungagnona non si ricorda altro» (Mina
celebrando con un breve ricordo i 50 anni dal debutto, La Stampa 22
settembre 2008).
• Famiglia
benestante (padre imprenditore), spinta dagli amici esordì nel 1958
alla Bussola di Marina di Pietrasanta. Nello stesso anno incise il
primo disco con lo pseudonimo di Baby Gate.
Fattasi conoscere nel
1959 con Nessuno al Festival del Rock di Milano, fece la prima
apparizione tv al Musichiere. Seguirono Tintarella di luna (1959),
Coriandoli e Il cielo in una stanza (1960), Le mille bolle blu e Io
amo, tu ami al Festival di Sanremo del 1961, Città
vuota (1963), E
se domani (1964), Un anno d’amore e Brava (1965), Se telefonando
(1966), La banda e Se c’è una cosa che mi fa impazzire (1967), la
tv come showgirl di Canzonissima e Studio Uno, le canzoni Bugiardo e
incosciente e Non credere (1969),
Insieme (1970), Amor mio (1971),
Grande grande grande (1972), Non gioco più e la trasmissione Mille
luci (1974), L’importante è finire (1975). Nel 1978 l’ultimo
concerto, alla Bussola di Viareggio, poi solo dischi (Attila, Rane
supreme, Caterpillar ecc.) e sparizione
totale: impossibile
intervistarla, impossibile fotografarla (ma fotografi appostati
mostrarono prima che era diventata grassa, poi magra: l’invisibilità
fece delirare il pubblico quando nel 2005 concesse un frammento di
otto secondi di una sua registrazione in studio).
• È
stata anche una star della tv e il pubblico di oggi la vede solo,
ormai, attraverso le registrazioni in bianco e nero di sue
performance divenute celebri: i duetti, per esempio, con Celentano o
con Alberto Sordi o con Totò, mandati in onda più volte ogni anno e
con
qualsiasi pretesto. Studio Uno (1965, Brava), Sabato sera (1967,
celebre per la serata con i quattro presentatori del momento: Baudo,
Bongiorno, Corrado e Tortora), la Canzonissima del ’68, il Teatro
10 del ’72 con Alberto Lupo (Parole parole), il Milleluci del ’74
(con la Carrà). Tutti show in cui è diretta da Antonello Falqui.
• «Le
voci come quella di Mina si possono sentire soltanto dal vivo.
Nessuna incisione può restituire quelle sonorità, quelle sfumature,
che fanno la differenza. Renzo Arbore ha detto: “La sua è la
migliore voce bianca al mondo. Altro che Barbra Streisand”. E Sarah
Vaughan:
“Se non avessi la mia voce, vorrei avere quella di Mina”.
Se la risenti oggi capisci che con Domenico Modugno ha davvero
incorniciato un mondo. E forse capisci perché si sia ritirata dalle
scene.
Se così si può dire: per senso della storia. Perché Mina
è una stagione italiana, quella degli anni Sessanta, irripetibile.
Ha tutte le stimmate dell’epoca: la nascita e il luogo di nascita;
per quanto l’anagrafe dica Busto Arsizio, Anna Mina Mazzini
è cremonese. Figlia di
Giacomo, piccolo industriale: agiata, senza
l’ansia di arrivare al successo a tutti i costi, probabilmente più
snob di quanto si immagini. Dunque niente famiglia che agli albori
del boom economico spinge la figlia a diventare famosa. Suo padre
passò alla storia della
canzone per una battuta: “Mia figlia vuole
fare la cantante? Ma se è stonata come una campana!”. Intanto lei
da ragazzina faceva vacanze in Versilia, e a tarda notte, quando lo
spettacolo degli altri era finito, provava a cantare. È Baby Gate,
questo il nom de plume,
che evoca un esotismo padano che allora
doveva sembrare chissà che. Poi dal 1959 è soltanto Mina.
Minigonne per l’epoca vertiginose e un modo di cantare che finisce
per cambiare i gusti musicali degli italiani. Una voce sofisticata,
per canzoni un po’ altalenanti,
anche casuali. Il talento era tale
che le si poteva far cantar di tutto. Gino Paoli oggi è ancora
scioccato per il suo Cielo in una stanza. Dovette inciderla solo
alcuni anni dopo, perché il successo di Mina – era il 1960
– fu clamoroso. E quando Giorgio Bocca, cronista di punta
del
Giorno, viene mandato nel 1961 a intervistare quel piccolo fenomeno,
la racconta così: “Ero andato in un cinema di Torino, il cinema
Lutrario, dalle parti di Porta Susa. Me la ricordo benissimo. Un
antro oscuro fumoso, soffocante. Orchestra in giacchetta rossa. Lei
cantava assediata dal pubblico. Talvolta qualcuno riusciva a toccarle
il sedere. C’era la mamma a vegliare, ma ogni tanto era travolta
dall’entusiasmo degli ascoltatori. ‘Ehi, state attenti a mia
madre’. Ma quelli niente”. Orchestra in giacchetta rossa. Lei gli
dice, a Bocca:
“Sto pagando i miei peccati di impazienza”. E poi:
“Non ho mai letto un libro”. Attorno a lei c’è quel mondo lì,
da peccati di impazienza. Flirt presunti con Umberto Orsini, Maurizio
Arena, Gian Maria Volontè. Una storia d’amore con Walter Chiari, e
poi naturalmente
Corrado Pani. Lo sanno tutti: lui è sposato. Lei
rimane incinta. È il 1963. Il solito scandalo italiano. Ma importa
poco. Con Virgilio Crocco, giornalista del Messaggero, si sposa a
tempo di record. Bernardini ricorda: “Era una donna dalle grandi
passioni”. Certamente era
un personaggio fuori da qualunque
convenzione, imbrigliata in ruoli via via fintamente banali. Le
Canzonissime, gli Studio Uno, le Milleluci, gli arrangiamenti alle
sue canzoni: qualche volta anche kitsch. Non subito, perché
all’inizio accanto a lei c’è uno come Gorni
Kramer (al secolo
Kramer Gorni, da Rivarolo Mantovano, luogo dove nel 1958 per la prima
volta Mina si esibisce con il complesso degli Happy Boys); e
le prime canzoni sono formidabili: Tintarella di luna, Una zebra a
pois e poi Le mille bolle blu sono dei capolavori,
anche di ironia.
Qualche anno più tardi è già vittima dell’onesto mestiere di
arrangiatori come Gianni Ferrio, ma soprattutto Bruno Canfora. Di
sigle per il sabato sera tv alla Vorrei che fosse amore. E basti
pensare a E se domani, con quegli archi arrangiati senza troppe
idee.
Eppure tutti gli arrangiamenti di maniera venivano spazzati via da
una voce stupefacente. Anche quei testi, quei “e sottolineo se”,
cose di donne che attendono “lui”, che saranno lasciate, perché
non tornerà, non ci sarà e via dicendo. Amanti abbandonate di
un’Italia che con il benessere inaugurava il doppio ménage come
istituzione borghese. Dove al centro dell’esistenza entravano i
sentimenti di donne illuse e disilluse, fragili e pronte a cedere.
Tutto il contrario di lei. Fino all’apoteosi di Parole parole,
1971, sigla di chiusura di
Teatro 10. Dove Alberto Lupo, divo dello
sceneggiato a puntate di un’Italia al declino del bianco e nero, si
faceva rispondere: Le rose e i violini questa sera raccontali a
un’altra. Ma in quelle canzoni Mina ha raccontato un’Italia:
con passioni che si consumavano proprio in
quei locali dove lei
andava a cantare. Bernardini che era il suo manager ricorderà una
volta: “Non è mai accaduto che rimanesse un solo biglietto
invenduto”. Arredamenti moderni, luci colorate, quel genere
Sheraton si sposava alla perfezione con un’immagine, un modo di
truccarsi di Mina: mascara in crema che si seccava sulle
ciglia dando quell’effetto a ciocchetti, eye liner, sopracciglia
depilate. Niente rossetti intensi, e quello sguardo irrisolto, un po’
inconsapevole, quasi annoiato. In una parola distaccato. Mina
è stata una donna dai
tanti no. Un no a Federico Fellini che la
voleva in un film poi mai girato: Il viaggio di Mastorna. Un no a
Francis Ford Coppola che la voleva nel Padrino. E un no a Giorgio
Strehler che la voleva, al posto di Milva, nell’Opera da tre soldi.
Snobismo? O incapacità di
scegliere? Forse incapacità di scegliere.
Ha detto anche troppi sì Mina. Ad esempio a una decina di
film musicali degli anni Sessanta di cui non resterà nulla. Il primo
del 1959, Urlatori alla sbarra (con Celentano), passando per I teddy
boys della canzone del 1960,
continuando con Io bacio. Tu baci del
1961, e via dicendo fino al 1963. Poi basta. Certo era meglio
Fellini, come era meglio Sinatra. Che la voleva. Ma Mina non
prende l’aereo, e non se ne fece nulla. Ma cosa sarebbe accaduto se
avesse fatto un film con Fellini, interpretato
Il padrino, fosse
andata in scena nell’Opera da tre soldi, duettato con Frank
Sinatra? Domanda inutile avrebbe detto il suo amico Lucio Battisti.
Dalla seconda metà degli anni ’70, per lei è tutto un inseguire
qualcosa: i classici, le canzoni napoletane, la bossa nova,
una Acqua
di marzo di Tom Jobim che non fa rimpiangere quella di Elis Regina.
Poi il jazz con Renato Sellani, solo voce e pianoforte, in una E se
domani e Il cielo in una stanza da antologia. I testi di Paolo Limiti
(su tutti Bugiardo e incosciente). E infine i duetti: da
Celentano a
De Andrè. Fino al 1990 Mina ha inciso 738 canzoni per 80
milioni di dischi venduti» (Roberto Cotroneo).
• «Quella
notte d’agosto del 1978 sotto il tendone di Bussoladomani sul
lungomare del Lido di Camaiore, la notte di un’estate inquieta dopo
eventi politici drammatici e tragici, è diventata, pur nel suo
modesto significato, emblematica e non solo per Mina. Chi era
presente (gli spettatori erano circa 6.000) ormai è vecchio o
comunque invecchiato, e magari ricorda poco di quell’eccitazione,
di quella passione, di quella strana sensazione di vivere qualcosa di
irripetibile, appunto una fine: anche di un modo di essere, di
apparire, di
passare l’estate, di essere ricchi, di sentirsi
privilegiati, nella spiaggia allora ancora di massima moda. Era un
pubblico elegantissimo, luccicante di gioielli, già infatuato della
magrezza irrealistica e autocondannato ad abbronzature sinistre e
foriere di irrimediabili
rughe invernali, se non dell’eterna
adolescenza come oggi. E passò un brivido di rimorso e sperdimento
quando apparve lei, Mina, che da sei anni non aveva più
cantato in pubblico e da quattro non si era più vista in
televisione: era bellissima, grande, maestosa, splendente
nella
carnagione di perla intoccata dal sole, il corpo opulento nascosto
dentro un lungo e ampio abito nero, e il suo chiarore, la sua
carnalità, erano come un rimprovero a quella platea di donne, e di
uomini, penalizzati dalle diete e dalla gara a chi era più marrone.
In
quell’estate in cui, come ogni estate, si accavallavano desideri
d’amore eterno e d’avventura balneare, spesso irrealizzati o
venuti male, lei cominciò a cantare non l’amore eterno e neppure
l’avventura balneare, ma, canzone per canzone, il vibrare della
passione, la
violenza del piacere, le ferite dell’abbandono, il
vuoto della fine. Con L’importante è finire, con Ricominciare, che
senso ha, con Io ti chiedo ancora, il tuo corpo ancora, si donava a
quel pubblico estasiato e forse immeritevole, con tutta la violenza
del corpo, scuotendo i
rossi capelli madidi di sudore, furente
d’amore e deliquio erotico. Per l’ultima volta. Lo sapeva, non lo
sapeva? Dopo lo spettacolo si eclissò in un baleno, senza concedere
bis, come se la sua apparizione fosse stata solo un miraggio. Ma
certo di quella vita non ne
poteva più, e il tempo non aveva
cancellato le umiliazioni e le ferite, soprattutto l’accanimento
invidioso e immorale, per sorpassato moralismo, dell’informazione
che da ragazza l’aveva braccata e continuamente giudicata. Anche
quello, un mondo finito, in questo caso per fortuna» (Natalia
Aspesi).
• «Il
fatto è che non l’ho mai cercato, il successo, non ho lottato per
conquistarlo, e così non l’ho mai apprezzato. A una certa età,
così come all’uomo viene la barba, a me è venuto il successo.
L’ho accettato come una cosa normale: senza pena né fatica, senza
rendermi
conto della fortuna che mi capitava. Me lo sono tenuto come
si tiene un regalo di cui si ignora il prezzo, e se lo perdo pace»
[a Oriana Fallaci, Eur 1963].
• «Il
suo mistero va difeso. Perché non è il mistero cupo di una Greta
Garbo, ma un mistero che schizza gioia da tutti i pori in un mix di
passione e rispetto» (Andrea Mingardi).
• «La
cantante bianca più grande del mondo» (Louis Armstrong) [Franco
Tettamanti, Cds 17/3/2010].
• Ultime
Ha aperto su YouTube un suo canale ufficiale (MinaMazziniOfficial)
con video
inediti, brani rari, apparizioni televisive provenienti
dalla teche della Rai. Nel 2009 un suo video, montato sulle sue
apparizioni del 2001, fa da sigla al 59° Festival di Sanremo. Nel
2008 insieme ad Ornella Vanoni incide un brano inedito, scritto da
Andrea Mingardi: Amiche mai. Nel 2007 escono Todavía, in gran parte
cover dei suoi brani in lingua spagnola, e Love Box, ennesima
antologia con le sue più belle canzoni d’amore. Duetta con Miguel
Bosè
rivisitando in lingua spagnola Acqua e Sale (Agua y Sal),
precedentemente cantata con Adriano Celentano, con Tiziano Ferro in
Cuestión de feeling (in Todavía), con Giorgia in Poche parole.
Nell’album Hits Irene Grandi inserisce una sua versione di Sono
come tu mi
vuoi, brano che Mina lanciò nel 1966: «Era da
tempo che volevo proporre una cover, cercavo una canzone simbolo, che
rappresentasse un pezzo di tradizione musicale italiana. Ho pensato
di rendere omaggio a una delle mie interpreti preferite». Nel
novembre 2006
pubblica l’album Bau: «La famiglia, musicalmente
parlando, si è allargata. Nel disco a firmare un pezzo, Per poco che
sia, compare anche il nome di Axel Pani, il nipote, figlio di
Massimiliano che però precisa: “Lui studia Economia, ma come molti
coetanei si diverte a
scrivere canzoni. Mamma le ha volute ascoltare
e ne ha scelta una, come fa con tutte le cassette che gli arrivano”.
Se però c’è un tema dominante nel nuovo disco, è la
ruggente figura di Andrea Mingardi. Duetta con Mina nel già
noto singolo Mogol Battisti, primo caso
di una canzone dedicata a una
coppia di autori (...) Mina è particolarmente scanzonata. Con
la maturità la sua voce è diventata infallibile, quasi un gioco da
ragazzi. Le basta poco per carezzare una espressiva raucedine, per
ridere, per illanguidirsi su temi d’amore» (Gino Castaldo).
• Dal
2000 al 2011 editorialista de La Stampa, continua a rispondere alle
lettere su Vanity Fair.
• Amori
Il 10 gennaio 2006 sposò il cardiologo Eugenio Quaini, suo compagno
da un quarto di secolo (anche lui cremonese, abita e lavora a
Brescia): nozze in gran segreto a Lugano (dove tutt’ora vive), fu
lei a parlarne per prima, ma solo il 2 marzo su Vanity Fair. E come
prevede la legge svizzera ora il suo nome è Anna Maria Quaini.
• «In
amore la Tigre di Cremona è stata generosa. E i suoi matrimoni
burrascosi. Nei primi anni Sessanta, dall’unione con l’attore
Corrado Pani (all’epoca coniugato) nacque Massimiliano (1963 –
ndr) e lei divenne la “ragazza-madre d’Italia” fino al
matrimonio. Nel
1970 si risposerà poi con il giornalista Virgilio
Crocco, del quale s’innamorò dopo un’intervista (proprio lei che
detestava i giornalisti) e da quell’amore nacque Benedetta Crocco
(1971 – ndr)» (Leandro Palestini). Virgilio Crocco morì nel 1973,
travolto negli Stati Uniti da un pirata della strada (lui e Mina
si erano già separati).
• Vizi
Il 10 settembre 2007 ha smesso di fumare: «Senza cerotti, fioretti,
anniversari e senza motivo. Mi era capitato altre volte, con
alternanze decennali, paragonabili con indecente
parallelismo ai
periodi blu e rosa di un tale che fumava e che aveva responsabilità
culturali superiori. Questa volta la decisione è senza ritorno, non
è dimostrativa, non ha pretese educative».
• Tifa
per l’Inter, stravede per Valentino Rossi
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