Hard to say I'm sorry - Chicago - 1982
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Chicago: Biografia | Biography
Fonte: Wikipedia
I Chicago sono un gruppo rock statunitense, formatosi proprio a Chicago nel 1967. Autodefinitisi come "band di rock and roll coi fiati", i Chicago cominciarono come rock band impegnata politicamente e talvolta sperimentale, muovendosi poi tra il progressive rock ed
il jazz rock fino ad approdare ad atmosfere più melodiche e commerciali. L'apice del successo fu raggiunto negli anni settanta ed ottanta, quando spesso raggiunsero il numero 1 delle classifiche di Billboard: tra i gruppi americani, solo i Beach Boys hanno fatto
registrare più hit nelle classifiche di Billboard (sia di singoli che di album). I Chicago sono annoverati tra le band rock più longeve e di maggior successo della storia, avendo venduto più di 100 milioni di dischi.[1] Secondo Billboard, negli anni settanta i Chicago furono leader
assoluti negli Stati Uniti nella vendita di singoli con oltre 40 milioni di copie nei soli Stati Uniti, che fruttarono 23 dischi d'oro, 18 di platino e 8 di doppio-platino. Nel corso della loro storia hanno avuto cinque album al numero uno e 21 singoli da top-ten.
Dal volgere degli anni ottanta, pur mantenendo una notevole fama, hanno visto un lento e graduale declino delle loro fortune discografiche. Walter Parazaider, Lee Loughnane e James Pankow sono tre giovani musicisti studenti alla DePaul University. Si fanno le ossa
nei club della città, suonando qualsiasi genere di musica, dall'R&B alla musica irlandese. Incontrano così il chitarrista Terry Kath e il batterista Danny Seraphine; a metà degli anni sessanta si aggiunge Robert Lamm.
La band prende il nome di The Big Thing e incomincia a suonare cover tratte dal repertorio di James Brown e Wilson Pickett, ma un loro amico, James William Guercio, che nel frattempo è diventato un produttore della Columbia Records, li incoraggia a scrivere dei
pezzi propri. Nello stesso periodo al sestetto si unisce Peter Cetera, già cantante e bassista degli Exceptions.
Guercio finanzia la band e la fa trasferire a Los Angeles nel giugno 1968. Quasi contemporaneamente riesce a procurare ai Chicago un ingaggio alla Columbia per un doppio album (cosa assai rara per una prima uscita), decidendo anche che il gruppo venga
rappresentato sulla cover del disco da un logo invece che da una fotografia. Dopo aver firmato con la Columbia, i The Big Thing cambiano il loro nome in Chicago Transit Authority. Esce così – nell'aprile del 1969 – l'eponimo The Chicago Transit Authority, che porta i sette
in un tour nazionale. In giugno il disco raggiunge la top 20, ma senza un singolo di supporto: diventa infatti un successo underground grazie ai passaggi di alcune stazioni radio di musica rock. L'album comunque riesce a divenire disco d'oro e a vendere alla fine dell'anno
due milioni di copie. Poco dopo l'uscita dell'album, la band cambia il nome in Chicago su minaccia di azione legale da parte della vera Chicago Transit Authority, l'azienda municipale dei trasporti di Chicago.
Nel 1970, sempre sotto la supervisione di Guercio, viene poi pubblicato il secondo album del gruppo, l'altro doppio Chicago. Il primo singolo, Make Me Smile, diventa un successo della Top 100. In primavera la Columbia Records realizza Does Anybody Really Knows What Time It Is?, che riprende alcuni brani del primo album e i successivi singoli.
Chicago III, ancora altro doppio, è pronto nel 1971, riuscendo a vendere sempre molto bene pur non piazzando nessun singolo nella Top Ten. A questo segue il live intitolato Chicago at Carnagie Hall, che vende milioni di copie.
Chicago V – questa volta un unico LP – viene pubblicato nel giugno del 1972, rimane nove settimane primo in classifica Billboard 200 e vende più di due milioni di copie vincendo due dischi di platino, forte del traino del singolo Saturday in the Park che arriva terzo nella
Billboard Hot 100 vincendo un disco d'oro. L'album raggiunge anche la quarta posizione in Olanda e la settima in Norvegia.
Chicago VI esce a un anno di distanza e ripete lo stesso successo raggiungendo la prima posizione nella Billboard 200 per cinque settimane vincendo due dischi di platino, lanciando brani come Feelin' Stronger Every Day (n. 10 Billboard Hot 100) e Just You 'n' Me (n. 4 Billboard Hot 100).
Le successive hits Call on Me (n. 6 Billboard Hot 100) e (I've Been) Searchin' So Long (n. 9 Billboard Hot 100) fanno da apripista a Chicago VII del 1974 che raggiunge la prima posizione nella Billboard 200 vincendo il disco di platino. La storia si ripete: milioni di copie
vendute e grandissimo successo, così come Chicago VIII (1975) che arriva in prima posizione per due settimane nella Billboard 200 ed in sesta in Norvegia grazie anche ad Old Days che raggiunge la quinta posizione nella Billboard Hot 100, Chicago IX - Chicago's
Greatest Hits (sempre novembre 1975) che raggiunge la prima posizione nella Billboard 200 per cinque settimane e la settima in Nuova Zelanda e Chicago X, che fa conquistare alla band anche un Grammy per la canzone If You Leave Me Now. Anche il successivo
Chicago XI (1977) raggiunge ottimi risultati. Se i riscontri sono più che positivi, cominciano a nascere delle discussioni tra i Chicago e la parte produttiva, la cui pressione non è vista di buon occhio dal gruppo che decide di fare anche a meno di Guercio. A ciò si aggiunge
l'improvvisa scomparsa di Kath, che muore per un colpo accidentale di arma da fuoco nel gennaio del 1978.
Nonostante l'enorme perdita, i rimanenti membri decidono di continuare e Donnie Dacus, scelto tra molti aspiranti successori, prende il posto di Kath.
Il suono – come si capisce dal primo singolo, la hit Alive Again – è più rock, ma nonostante questo Hot Streets è il primo album della band che non raggiunge la Top Ten. Anche Chicago XIII non ottiene i risultati sperati. A questo punto Dacus lascia la band, sostituito
da Chris Pinnick. Successivo è Chicago XIV, realizzato nel 1980, mentre per il quindicesimo album, il Greatest Hits Vol. 2, la band lascia la Columbia Records e incomincia a lavorare cercando un nuovo approccio. Approccio che trova nel compositore e produttore David Foster, che fa ritornare i Chicago all'enfasi del passato grazie alle ballate cantate da Cetera.
A questo si aggiunge la presenza di Bill Champlin, un polistrumentista molto capace. Il gruppo, con questa nuova formazione, firma con la Full Moon Records e realizza Chicago XVI nell'inverno del 1982, anticipato dal singolo Hard to Say I'm Sorry. Il disco ritorna a
vendere milioni di copie; a esso segue Chicago XVII (1984), forse il miglior successo del gruppo, poiché vende sei milioni di copie. Tuttavia, nonostante il successo riconquistato, nel 1985 Cetera decide di lasciare il gruppo per una carriera solista. A lui si sostituisce Jason
Scheff, che ha una voce molto simile a quella di Cetera, ricreando così le stesse atmosfere delle ballate tipiche della band. Lo strappo con Cetera si fa sentire, anche se i due album successivi, Chicago XVIII e Chicago XIX, vengono accolti bene. La fine degli anni novanta vede ancora un cambio nella formazione: Chicago XX non ha il successo sperato.
Nel 1995, Keith Howland sostituisce Bailey alla chitarra; nello stesso anno i Chicago rifiutano di concedere i diritti alla Columbia per creare il catalogo delle loro canzoni, e fondano una propria etichetta, la Chicago Records. Firmano comunque con la Giant
Records per realizzare il loro ventiduesimo album, Nigh&Day. A questo fanno seguito le due raccolte The Heart of Chicago 1967, del 1997, e The Heart of Chicago 1967 Vol. 2 1967, dell'anno successivo.
Nel 1998 realizzano Chicago XXV: The Christmas Album e nel 1999 Chicago XXVI: The Live Album. Nel 2002, passano alla Rhino Records per la ristampa dei loro lavori. Il successo di The Very Best of Chicago: Only the Beginning conferma che i Chicago
continuano a riscuotere consensi. Nel 2006 la band riappare con un nuovo album, Chicago XXX, pubblicato per Rhino. L'anno successivo esce The Best of Chicago: 40th Anniversary Edition, un altro greatest hit.
Nel 2008 pubblicano Chicago XXXII: Stone of Sysiphus (noto anche come il fallito Chicago XXII).
Nel 2011 escono due album: Chicago XXXIV: Live ìn '75 ovvero un doppio dal vivo registrato tra il 24 e 26 giugno 1975 nel Maryland; ad ottobre, per la produzione del redivivo Ramone, il natalizio O Christmas Three.
Source: allmusic.com
According to Billboard chart statistics, Chicago is second only to the Beach Boys as the most successful American rock band of all time, in terms of both albums and singles. Judged by album sales alone, as certified by the R.I.A.A., the band does not rank quite so
high, but it is still among the Top Ten best-selling U.S. groups ever. If such statements of fact surprise, that's because Chicago has been singularly underrated since the beginning of its long career, both because of its musical ambitions -- to the musicians, rock is only one of
several styles of music to be used and blended, along with classical, jazz, R&B, and pop -- and because of its refusal to emphasize celebrity over the music. The result has been that many critics have consistently failed to appreciate its music and that its media profile has
always been low. At the same time, however, Chicago has succeeded in the ways it intended to. From the beginning of its emergence as a national act, it has been able to fill arenas with satisfied fans. And beyond the impressive sales and chart statistics, its music has endured, played constantly on the radio and instantly familiar to tens of millions.
Chicago marked the confluence of two distinct, but intermingling musical strains in Chicago, Illinois, in the mid-'60s: an academic approach and one coming from the streets. Reed player Walter Parazaider (born March 14, 1945, in Chicago), trumpeter Lee Loughnane
(born October 21, 1946, in Chicago), and trombonist James Pankow (born August 20, 1947, in St. Louis, Missouri) were all music students at DePaul University. But they moonlighted in the city's clubs, playing everything from R&B to Irish music, and there they encountered
less formally educated but no less talented players like guitarist Terry Kath (born January 31, 1946, in Chicago; died January 23, 1978, in Los Angeles, California) and drummer Danny Seraphine (born August 28, 1948, in Chicago). In the mid-'60s, most rock groups
followed the instrumentation of the Beatles -- two guitars, bass, and drums -- and horn sections were heard only in R&B. But in the summer of 1966, the Beatles used horns on "Got to Get You into My Life" and, as usual, pop music began to follow their lead. At the
end of the year, the Buckinghams, a Chicago band guided by a friend of Parazaider's, James William Guercio, scored a national hit with the horn-filled "Kind of a Drag," which went on to hit number one in February 1967.
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